Luca Trevisani
Glaucocamaleo
20 Novembre 2014, H 20:30
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Continua la serie di monografiche d’autore parte della mostra GLITCH. Il secondo appuntamento è con Glaucocamaleo di Luca Trevisani, prodotto con il Museo Marino Marini e proiettato al Festival Internazionale del Cinema di Roma nel 2013. Il ciclo di proiezioni speciali - tutte di giovedì sera - continuerà fino a dicembre con Gianluca e Massimiliano De Serio (27/11 ), Alina Marazzi (11/12 ) e i Masbedo (18/12 ).
 
IL FILM
In bilico tra film d’artista e documentario di fantascienza, Glaucocamaleo celebra la mutevolezza e l’erosione dei confini tra le cose, raccontando il futuro attraverso forme embrionali riscontrabili nel presente. Il progetto prende il via da un famoso libro di Kurt Vonnegut del 1961, “Ghiaccio 9”, in cui, tra le altre cose, si narra la storia di uno scienziato, inventore del ghiaccio-nove: un «seme», ovvero una microparticella in grado di cristallizzare e congelare istantaneamente l’acqua (portandone il punto di fusione a 114 °F) e potenzialmente in grado, con una reazione a catena, di propagare questa proprietà a tutta l’acqua del pianeta, rendendola solida, per contatto, con conseguenze catastrofiche per la vita. Il disastro innescato nel libro è il blocco del ciclo dell’acqua, il passaggio di stato, la mobilità delle particelle. Da qui inizia Glaucocamaleo.

 

La voce narrante è quella di Kary Mullis, il più controverso tra gli scienziati contemporanei: premio Nobel per la chimica nel 1993, surfista senza tregua, ha più volte sostenuto che le sue scoperte sono state agevolate da un ampio uso di LSD, così come ha affermato di essere stato rapito da esseri alieni. La sua figura è stata di fondamentale ispirazione per l’artista e consequenziale ai significati generati dal film stesso: uno scienziato da sempre in grado di assecondare la propria curiosità e le proprie ossessioni, un Prometeo contemporaneo che mette in discussione gerarchie, valori e convenzioni comuni.

 

Piattaforma progettuale, il film genera differenti declinazioni di uno stesso tema: è il punto di partenza, il presupposto per dare sviluppo ad una ricerca incentrata sui passaggi di stato, sulla propensione al cambiamento, sulla commistione e la reciproca amplificazione tra linguaggi come il cinema e l’arte contemporanea.

 

Al termine della proiezione è previsto un breve talk con l'artista.

 

INGRESSO:
Fino ad esaurimento posti previo acquisto del ridotto speciale mostra € 4 (anche in prevendita online ) / gratuito per i possessori dell'abbonamento GLITCH.

 

DURATA: 73 minuti
 
ASPETTANDO IL FILM: INTERVISTA CON L'ARTISTA

in collaborazione con ZERO, a cura di Angela Maderna

 

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Ti definisci uno scultore ma hai deciso di girare un film "perché l’immagine in movimento è la scultura più completa possibile". Che cosa intendi?

 

Luca Trevisani: La scultura è una presenza fisica che accoglie lo spettatore, parla al suo corpo. L'immagine in movimento è scultura a quattro dimensioni, evoca i sensi ma sfrutta il tempo per parlare e il buio della sala cinematografica accoglie il corpo.

 

Il film nasce dal romanzo di Kurt Vonnegut "Ghiaccio-nove" e non possiamo non chiederti qualcosa di più sulla scelta del titolo: "Glaucocamaleo".

 

L.T.: Glauco è il colore dei ghiacciai, verdi blu, vivi e mutevoli come camaleonti. Il nome viene tutto da lì, ma mi piace suoni come un neologismo tecnico-scientifico.

 

Per girare il film siete stati in diversi luoghi d’Europa e ho letto che non sempre è stato semplice. Ci racconti qualcosa in più sulle location e qualche aneddoto dal set?

 

L.T.: Glaucocamaleo è un azzardo produttivo che non sarebbe potuto esistere senza l'entusiasmo di chi ha lavorato con me, Angelo Teardo e Vassili Spiropoulos in primis. L'aiuto regista e montatore e il direttore della fotografia non sono soliti fare quello che hanno fatto loro, risolvere le situazioni che hanno risolto.
Il film è frutto di un lavoro corale, familiare, inteso come quello di un team affiatato che ha potuto gestire e governare le complessità di così tante location sdrucciolevoli e difficili. Non è importante raccontarvi del drone che precipita durante le riprese o dei molti problemi, ma di come una squadra come quella nominata nei crediti abbia permesso al film di arrivare in porto.

 

Come voce narrante hai scelto quella della scienziato Kary Mullis, Premio Nobel per la chimica nel 1993. Com'è stato lavorare con lui a questo film?

 

L.T.: Kary Mullis era un ingrediente perfetto, necessario e importante per il film. Lui è la persona e il personaggio che incarna alla perfezione l'idea della ricerca curiosa. Quella che non segue i limiti imposti dal consorzio sociale, ma guarda e assaggia ciò che per lui è significativo.

 

Recentemente hai pubblicato anche un libro con Humboldt Books dal titolo "Water Ikebana. Stories About Solid and Liquid Things", ce ne vuoi parlare?

 

L.T.: “Water Ikebana” è lo sviluppo narrativo di una piattaforma di lavoro di cui esistono un film (“Glaucocamaleo”) e un'installazione multicanale. Sono 3 diverse risposte per 3 diversi formati sensoriali; ho declinano la stessa indagine in 3 modi uguali e diversi: non esiste una gerarchia fra le soluzioni, ma un dialogo. Leggere il libro, vedere il film e visitare la mostra sono esperienze parallele, che non si pestano i piedi.

 

Alcuni dei tuoi film preferiti?

 

L.T.: “La rabbia giovane” e “I giorni del cielo” di Terrence Malick, “Il conformista” di Bernardo Bertolucci, “La grande estasi dell'intagliatore Steiner” di Werner Herzog, “Grindhouse - A prova di morte” di Quentin Tarantino, “La classe operaia va in paradiso” di Elio Petri, “Il Cristo proibito” di Curzio Malaparte, “Take Shelter” di Jeff Nichols, “Solaris” (quello di Andrej Tarkovskij e quello di Steven Soderbergh), “L'inquilino del terzo piano” di Roman Polanski, “Elephant” di Gus Van Sant, ecc.

 

Un film d’artista che trovi geniale e ci consigli di vedere?

 

L.T.: “La Jeteè” di Chris Marker e il trailer originale di “Fino all'ultimo respiro” di Jean-Luc Godard.