Pochi conoscono il Giappone quanto o meglio di Igort, e meno ancora sono coloro che sanno raccontarlo. Di certo nessuno lo sa fare nel suo modo. La trilogia dei Quaderni Giapponesi è di fatto una grammatica dell’ estetica nipponica frutto di innumerevoli suggestioni, letture, incontri, in un inanellarsi di memorie e ispirazioni - naturale e fluido, violento e torbido, come del resto è la vita vissuta.
Il silenzio e l’eros, la purezza e la patina, il dettaglio e l’enormità, sono dualità senza dicotomie o contraddizioni nella visione del maestro del graphic novel, ed esplodono dai suoi taccuini e dalle sue tavole con fecondità impressionante.
Il risultato che si prefigge la mostra ibrida Il Muschio e la Carne. Anatomia dei sensi nel Giappone di Igort curata da Gabriele de Risi (GiapponeTVB) e Barbara Waschimps (L’Altro Giappone) in esclusiva per il PAC è di guidare lo sguardo del visitatore attraverso l’occhio di Igort, in una sorta di transfert metasensoriale fatto di contemplazione e esperienza.
L’esposizione nella Project Room si articola in 3 livelli comunicanti: l’universo nipponico di Igort attraverso la magistrale ricchezza nei registri narrativi delle tavole e dei quaderni; una selezione di alcune fonti di ispirazione che fungono da cassa armonica del suo lavoro; e infine l’ apporto come operatore editoriale, che non può mancare vista la messe di grandissimi mangaka che ha presentato in Italia.
Igort si reca in Giappone la prima volta nel 1991, per cominciare una collaborazione come autore occidentale con quello che era a tutti gli effetti il più grande editore del Sol Levante, e da allora continua a concepire l’arte come la più alta forma di artigianato, rivelando in questo la parte giapponese che è in lui - ancora una volta ‘Igoruto’.
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