La mostra Ugo Mulas. la scena dell’arte tenutasi al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea illustrava l’evoluzione della ricerca fotografica di Ugo Mulas (1928 – 1973), una delle figure più importanti nel panorama della fotografia contemporanea.
L’esposizione era strutturata in due mostre parallele, rispettivamente al PAC di Milano e al MAXXI di Roma, per poi confluire, a giugno, negli spazi della GAM di Torino.
La mostra al PAC ha ricostruito l’evoluzione del percorso artistico di Mulas tra gli anni Sessanta e Settanta e il passaggio dal reportage sociale alla fotografia analitica, attraverso 250 opere disposte in un itinerario espositivo articolato in sezioni parallele: una struttura aperta che segue il doppio filo della documentazione dell’arte e dell’evoluzione linguistica dell’opera di Mulas.
Il percorso della mostra si apriva con le immagini di New York, arte e persone (1964 – 1967), uno dei lavori più celebri del fotografo milanese. Nella grande metropoli americana Mulas ebbe due guide d’eccezione: il gallerista Leo Castelli e Alan Solomon, entrambi conosciuti alla Biennale del ’64 , che lo introdussero nella scena dell’arte tra critici, studi di artisti e galleristi, happening e serate negli atelier. Mulas incontra e ritrae Duchamp, Warhol, Lichtenstein, Johns, Christo, Segal, Rosenquist, Dine, Oldenburg, Rauschenberg, Cage, superando definitivamente la tradizione del reportage classico. Nei suoi ritratti non c’è interesse alla mera documentazione, alla narrazione dei fatti. “..quello che mi interessa é dare un'idea del personaggio in rapporto al risultato del suo lavoro, cioé di capire quale dei suoi modi e atteggiamenti é decisivo rispetto al risultato finale.”(Ugo Mulas). Il tentativo è quello di rendere la disposizione mentale dell’artista e non la mera registrazione dell’evento, del gesto, dell’istante.
La sezione dedicata alle Nuove Ricerche (1967 – 1969) testimoniava lo straordinario lavoro di riflessione critica che Mulas dedica alla fotografia. La crisi del reportage e del linguaggio fotografico, che in quegli anni viene travolto dall'avvento delle immagini televisive, spingono il fotografo milanese alla sperimentazione e ad esplorare le diverse possibilità comunicative del mezzo fotografico. Gli scatti non sono più solo destinate alle riviste illustrate, ma diventano opere create per essere pubblicate su libri e cataloghi (Vitalità del Negativo,Calder, Melotti); esposte come grandi provini (Johns, Newman, Noland); raccolte in cartelle fotografiche (Fontana, Duchamp e Montale) oppure utilizzate per scenografie teatrali (Wozzeck, Giro di Vite). I grandi formati, le proiezioni, le solarizzazioni, l’uso dell’iconografia del provino, sono tutti elementi che Mulas recupera dalla pratica quotidiana del suo fare, dalle sperimentazioni pop e new dada e da un’attenta rilettura della storia della fotografia: una risposta creativa e innovativa di fronte ai cambiamenti radicali apparsi alla fine del decennio. In questa sezione è stato esposto Campo Urbano (Como, 1967) restaurato grazie al contributo del Comune di Milano e restituito al pubblico dopo oltre vent'anni di oblio.
Al PAC il pubblico ha potuto ammirare infine le Le Verifiche, una delle opere fondamentali nella storia della fotografia contemporanea italiana.
“…Ho chiamato questa serie di foto Verifiche, perché il loro scopo era quello di farmi toccare con mano il senso delle operazioni che per anni ho ripetuto cento volte al giorno, senza mai fermarmi una volta a considerarle in se stesse, sganciate dal loro aspetto utilitaristico.” (Ugo Mulas)
Con la consapevolezza di vent’anni di esperienza pratica Mulas affronta i temi tecnici e i dettagli pragmatici del fare fotografia. L’uso dell’obiettivo, gli effetti del grandangolo, la pellicola e le proprietà della sua superficie sensibile diventano soggetti e allo stesso tempo spunti di riflessione critica sulla propria arte, sul ruolo del fotografo e sul suo rapporto con la macchina.
Completava la mostra una selezione di immagini sulla Milano degli anni Cinquanta - le Periferie. Sono i primi lavori di un Mulas autodidatta, che si fa interprete di una città complessa e piena di contraddizioni: dai dormitori ricovero dei senza casa ai quartieri borghesi, dalle case degli operai ai volti dei lavoratori. Immagini di una Milano ormai dimenticata, oggi stravolta dalla modernità e dai paradossi della tecnologia. Una serie di foto che permetterà al pubblico di tornare alle origini del lavoro di Mulas, contestualizzando l’evoluzione di vent’anni di ricerca.
Le tre mostre sono state accompagnate da un unico catalogo che ha riprodotto il corpus complessivo dell’opera di Mulas.