Marcello Maloberti
METAL PANIC
27.11.2024 - 09.02.2025
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a cura di Diego Sileo

 

 

Il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea presenta METAL PANIC, la più ampia e completa esposizione mai dedicata all’opera di Marcello Maloberti: una dichiarazione d’amore alla città di Milano che fin dagli esordi ha accompagnato l’artista nella costruzione della sua pratica.

 

Negli anni Maloberti ha approfondito il binomio arte/vita utilizzando una coralità di linguaggi sia visivi che sonori – fotografia, video, performance, installazione, oggetti e collage – sempre attraversati e potenziati da una forte performatività e dall’interazione con il pubblico. La sua ricerca va oltre l’immediatezza della dimensione quotidiana, con uno sguardo neorealista straniante e onirico, combinato a un approccio archeologico alla storia dell’arte.

 

Curata da Diego Sileo, METAL PANIC è pensata come un libro d’artista che raccoglie e intreccia tutti i temi fondanti dell’opera di Maloberti - l’elevazione della parola scritta nella sua dimensione poetica, la sacralità del quotidiano, l’attenzione ai cambiamenti e alle trasformazioni del paesaggio urbano - attraverso un nucleo di lavori degli anni Novanta, opere più recenti e produzioni inedite.

 

L’idea di “lavori in corso” pervade l’intero percorso espositivo, che diventa un cantiere contemporaneo in continua trasformazione, dove tutto pare sospeso e in potenza.
INFO E ORARI
martedì - domenica ore 10-19:30
Giovedì ore 10 - 22:30
Lunedì chiuso
Photo Gallery
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Con la personale di Marcello Maloberti, il PAC prosegue la sua ricerca sulla generazione di artisti contemporanei italiani nati negli anni Sessanta.

Il progetto espositivo, che assume quasi le sembianze di un cantiere contemporaneo, affonda le sue radici nel tessuto urbano di Milano: nei suoi materiali, nel suo immaginario, nei suoi oggetti. La città, centro ideale della produzione di Maloberti, è lo sfondo contro cui si stagliano le opere in mostra.

Ripercorrendo la carriera dell’artista, le opere esposte sono spesso rielaborazioni di lavori passati, ripensate
per gli spazi del PAC. Come attori esperti che si esibiscono su un nuovo palcoscenico con un copione già recitato in passato, le opere sono disposte all’interno del Padiglione come se entrassero e uscissero dalle quinte di un teatro. Appoggiati, quasi in attesa di un’installazione definitiva, i lavori prendono forma in mezzo al pubblico, che – inglobato nell’opera – ne trae la sensazione di “stare tra le cose”, quasi percorrendo le vie di un agglomerato urbano.

Tra opere e persone si intrecciano percorsi e connessioni che rivelano i temi chiave della prassi dell’artista: l’epifania del sacro e dello spirituale; le trasformazioni politiche e sociali degli spazi (soprattutto quelli cittadini); la parola scritta come illuminazione poetica. Attraverso un percorso espositivo ancora tutto in divenire, Maloberti traccia un ritratto lirico e personale dell’Italia del suo tempo e degli stereotipi che la circondano.

ESTERNO

Un nuovo CIELO (2024) si staglia sopra Milano. Pensato come un monumento/anti-monumento, o una colonna infinita, CIELO è un’installazione presentata per la prima volta alla Bangkok Art Biennale del 2022 e riadattata oggi agli spazi esterni del PAC, seconda tappa di una sorta di tour dei cieli

del mondo. La scritta al neon bianco (nella grafia dell’artista) è sorretta dal braccio meccanico di un autocarro: un mezzo che, solitamente utilizzato per
le manutenzioni edilizie, ripropone una poetica dell’opera intesa come lavoro costantemente incompleto e provvisorio. L’aspirazione monumentale dell’opera, implicita nelle dimensioni e nello slancio verticale, è messa in crisi dal ribaltamento della scritta e dalla fragilità del neon esposto alle intemperie.
Nel capovolgere la parola, Maloberti genera una vertigine visiva: come se il cielo, mentre precipita al suolo, fosse visibile solo alle anime celesti.

L’installazione site-specific ULTIMATUM (2024) consiste in un’azione di copertura parziale della facciata del PAC con lastre di acciaio zincato, sorrette da una struttura retrostante di tubi metallici – uno dei grandi prodotti della Milano operosa del Novecento. Il gesto altera l’estetica modernista dell’edificio, progettato da Ignazio Gardella tra il 1947 e il 1954, trasformandolo in una lama pronta al taglio. Fin dalla facciata, Maloberti introduce così un oggetto fondamentale della sua poetica: il metallo, nuovo e tagliente, che costituisce uno dei fili conduttori di tutto il percorso espositivo, in un continuum tra esterno e interno.

STANZA 1

M (2024) è un cartello stradale di ingresso a Milano, che segnala, ricalcando simbolicamente la funzione di una porta, l’inizio della mostra. Segno caro all’artista, il cartello stradale è qui però rovesciato e sospeso al soffitto: una soglia capovolta e, di conseguenza, inaccessibile al pubblico. La M del titolo è un rimando alla “M” di Mussolini, mentre la posizione ribaltata del cartello allude al corpo del dittatore, appeso a testa in giù in Piazzale Loreto il 29 aprile 1945 sul luogo della fucilazione e del vilipendio dei corpi di quindici partigiani, il 10 agosto 1944. M è un gesto, che Maloberti colloca immediatamente all’entrata del PAC a segnare la dimensione intrinsecamente sociale e politica del suo operare artistico.

La parete d’ingresso è attraversata da un insolito fregio. In CHANCE DI UN CAPOLAVORO (2024), il cui titolo riprende quello di un’opera di Marco Mazzucconi del 1989, l’artista neutralizza la violenza di un elemento ricorrente della sua pratica – le forbici – le cui punte vengono addolcite da delicate piume d’oca bianche: un atto di iperdecorativismo che Maloberti stesso chiama “capriccioso” ma al contempo pungente – un emblema del delicato equilibrio tra forza e poesia che sta alla radice di ogni capolavoro.

STANZA 2

In TILT (2024), un guardrail si snoda come un disegno spaziale tra le stanze del Padiglione. Trasformando un dispositivo di sicurezza stradale dello spazio sub-urbano in scultura, Maloberti riflette sul potere che ogni linea ha
di separare, dividere, contrapporre. Giocando quindi su un’estetica di contrasti, in cui il minimalismo e la lucentezza tagliente dell’acciaio si scontrano con l’organicità sbozzata dei frammenti di marmo “Bianco Altissimo Henraux” sui quali poggia la struttura, Maloberti guida lo spettatore lungo un percorso stabilito a priori e produce una rappresentazione plastica delle tensioni interne al rapporto tra l’artista e il suo pubblico.

STANZA 3

La pozzanghera plumbea al centro della stanza è formata da ritagli di riproduzioni di opere di Mario Sironi (1885–1961). In continuità con Vir Temporis Acti, una serie avviata nel 2016, una performer ha abitato la sala durante l’inaugurazione della mostra mettendo in atto una continua azione di ritaglio dei frammenti dell’universo sironiano, trasformando il pavimento in un grande quadro privo di ogni dimensione. Rovesciando i ruoli tradizionali tra artista (uomo) e modella (donna), la performer scolpisce ritagliando la materia della carta e le conferisce nuova forma, riconfigurando i quadri di Sironi e donando loro nuova leggerezza.

CORRIDOIO

METAL PANIC (2024) è una partitura per fucile. L’arte, capace di reinventare la funzione originaria degli oggetti, trasfigura il fucile in uno strumento musicale. Le canne si trasformano in una sorta di flauto di Pan e i suoni, generati attraverso il soffio, invadono lo spazio, dando vita a un concerto che trasporta il visitatore in un mondo silvano. L’ambiente espositivo è così scandito da un canto nuovo, un richiamo che segue una partitura stabilita dall’artista, marcata da spaventi sonori improvvisi, che manifestano la forza e la profondità del respiro.

STANZA 4

L’installazione performativa BOLIDI (2024) è costituita – in un richiamo alle opere omonime di Hélio Oiticica (1937–1980) – da tavoli-scultura che, durante l’opening, sono stati indossati da performers che li trasportavano attraverso l’ambiente espositivo. Depositati nella sala a conclusione della performance, questi tavoli-cipressi, simili a oracoli muti, formano un piccolo boschetto metafisico in connessione diretta con i Sette Savi (1981) di Fausto Melotti esposti nel giardino del Padiglione: sospesi tra un cimitero e un palcoscenico, sono oggetti in potenza, come fossero desideri.

STANZA 5

Durante un viaggio nel Nord Europa, Maloberti si ritrova a Horssen, piccolo villaggio nel sud-est dei Paesi Bassi. Qui visita Fluminalis, un’azienda specializzata nella vendita e nel restauro di arredi sacri fondata da Joannes Peters nel 1978. Ispirato dalla prima autobiografia di Carmelo Bene dal titolo Sono apparso alla Madonna (Longanesi, 1983), l’artista decide di acquistare qui una statua ottocentesca a grandezza naturale della Madonna, ritenuta – secondo Peters – miracolosa per la sua capacità di accogliere e ascoltare le preghiere dei credenti. La Madonna, che segue l’iconografia di quella apparsa il 27 novembre 1830 a Catherine Labouré, giovane novizia nel convento delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli in rue du Bac a Parigi, ora non si manifesta più: amareggiata, girata contro la parete, nega ogni contatto visivo con chi la cerchi. IN SEARCH OF THE MIRACULOUS (2024) crea un cortocircuito con il pubblico, che resta come sospeso in attesa dell’apparizione mistica. Milano tornerà a meritarseli, i miracoli?

PARTERRE

Le MARTELLATE sono una serie iniziata da Maloberti nel 1990. Le frasi, come apparizioni, hanno nei decenni formato un ampio almanacco di dichiarazioni politiche, aforismi e atti poetici legati al sacro, al mistico e al sogno. Nello spazio del parterre, otto neon, come pagine di un libro aperto, formano delle frasi di luce davanti alla vetrata di fondo che dà sul giardino che il PAC condivide con la Galleria d’Arte Moderna. Composte di luce, e quindi effimere come improvvise manifestazioni orali, le MARTELLATE si stagliano contro la luce naturale proveniente dal giardino, dando vita a pieni e vuoti che vengono attraversati dallo sguardo dello spettatore e invitano a riflettere sullo sforzo interpretativo di ogni lettore; sui vuoti che ognuno di noi riempie diversamente tra le parole scritte da altri.

BALCONATA

La lunga tovaglia a scacchi bianchi e rossi, che è qui accostata al tricolore, è un elemento cardine della poetica dell’artista fin dai suoi primi lavori degli anni Novanta, esposti nella Project Room del PAC. LA VERTIGINE DELLA SIGNORA EMILIA (2024) riprende il titolo di un lavoro del 1992, dove la tovaglia a scacchi viene elevata a opera d’arte. Accostata alla bandiera nazionale, la tovaglia da pizzeria diventa un sipario per l’ininterrotto spettacolo teatrale dell’Italia contemporanea, che – come suggeriscono ancora i tubi e i sacchi da cantiere – si deve ancora costruire e contemporaneamente già restaurare: un processo complicato, reso difficile dagli stereotipi del Belpaese, che l’artista si scopre (colpevolmente?) a osservare con una punta di ironia amara.

GALLERIA

PETROLIO (2024) è un omaggio all’omonimo romanzo di Pier Paolo Pasolini lasciato incompiuto alla sua morte nel 1975 (prima ed. Einaudi, 1992). I libri, aperti a metà e allineati come soldati, sono collocati a terra con un gesto minimale. Dei coltelli da cucina fungono da segnalibri, perdendo la loro funzione originaria e marcando con forza la metà esatta della pubblicazione, il centro, il cuore fisico del libro. Mentre da un lato i coltelli sono strumenti di un taglio metaforico improvviso e rabbioso, che rimanda alla potenza intrinseca nella poetica di Pasolini e alla sua morte violenta, il loro giacere innocuamente sulla carta allude alla forza rimasta inespressa del messaggio pasoliniano.

PROJECT ROOM

All’interno della Project Room sono esposti i lavori più significativi degli inizi della carriera dell’artista, quasi tutti ascrivibili agli anni Novanta. Per l’occasione, la sala espositiva viene trasformata in un ambiente famigliare, che ricorda gli spazi della casa in cui Maloberti è cresciuto, a Casalpusterlengo: un luogo chiave che non ha mai smesso di influenzare la pratica dell’artista.

In FAMIGLIA METAFISICA Maloberti, insieme alla madre e alla nonna, è ritratto al centro del salotto di casa. I tre proprietari, racchiusi in una posa regale, ricordano dei manichini metafisici che occupano lo spazio tradizionalmente destinato al tavolo da pranzo. L’immagine, di un neorealismo rischiarato, vuole immortalare una realtà domestica di provincia e illustrare quasi una genealogia matrilineare di cui l’artista vuole farsi erede e interprete.

La nonna di Maloberti è accovacciata, come un bambino che gioca a nascondino, sotto il tavolo della cucina di casa. Elevato ad architettura rurale e primitiva, il tavolo si trasforma in una sorta di rifugio temporaneo, un nascondiglio eretto a difesa di una minaccia invisibile. CASA è un’immagine sospesa tra affettuosa dolcezza e angoscia straniante. Nel gioco delle parti tra soggetto e artista, tra nonna che invecchia e giovane nipote che si fa adulto, l’immagine cattura con immediatezza le complessità del lungo passaggio dall’infanzia alla vecchiaia, e ritorno.

In una fotografia scattata nel 2006, Maloberti è appeso al cartello stradale di Casalpusterlengo. Nella precarietà insostenibile dello sforzo atletico si coglie l’attaccamento dell’artista al suo paese di origine e tutta la sua devozione nei confronti delle sue radici socioculturali, ma anche l’inevitabilità del suo distacco. Conservato per quasi vent’anni dall’artista, il cartello viene ripresentato oggi quasi come un reperto archeologico nelle stanze del PAC: KASALPUSTERLENGO (con la “K” come la “Karpi” di Pier Vittorio Tondelli) è un frammento, un pezzo di sé dal quale l’artista non può separarsi.

In FAMIGLIA REALE la nonna e la madre di Maloberti sono ritratte nel primo studio dell’artista. I vestiti uguali ne esaltano la parentela, facendole quasi sembrare gemelle disallineate in età. Il loro sguardo fisso, rivolto alla fotocamera, tradisce stupore e ingenuità. Le due figure catturano lo spettatore con il magnetismo dei loro occhi, dando vita a un ritratto surreale, in cui la posa da ritratto ufficiale si scontra con la domesticità dell’interno di casa e di una tovaglia ricucita in forma di vestito dalla madre dell’artista.

WEEKEND PERFORMANCE

All’interno di tutto lo spazio espositivo si svolge la performance LA SUGGERITRICE. La performer sussurra all’orecchio del pubblico un’unica frase, ripresa da una conferenza di Carmelo Bene (1937–2002) su Platone: “Nella tasca destra l’Oriente, nella tasca sinistra l’Occidente”. Suggerita quasi come un oracolo, la frase stessa rappresenta un inarrestabile flusso migratorio da un corpo a un altro, richiamando l’attenzione sulla necessità di attraversare i confini culturali che separano i popoli. Mentre la performer assume il ruolo di mediatrice e portatrice di voce, il pubblico diventa parte integrante e attiva della performance.

BIO

Marcello Maloberti (Codogno, Lodi, 1966) è un artista visivo di base a Milano. È docente di cattedra di Arti Visive alla NABA – Nuova Accademia di Belle Arti, Milano. La sua ricerca trae ispirazione da aspetti propri delle realtà urbane più marginali e minime con particolare attenzione all’informità e alla precarietà del vissuto. La sua osservazione va oltre l’immediatezza della dimensione quotidiana, con uno sguardo neorealista straniante e onirico, combinato a un approccio archeologico alla storia dell’arte. Le performance e le grandi installazioni sonore e luminose, dal forte impatto teatrale, vengono realizzate sia in spazi privati che pubblici prediligendo sempre l’interazione con il pubblico. Questi interventi funzionano come narrazioni contratte, sono atmosfere da vivere ed esperire, temperature emotive da attraversare. Il corpo performante è quello della collettività, capace di produrre un dialogo tra la performance stessa e il suo pubblico. Negli ultimi anni Maloberti ha approfondito il binomio arte/vita utilizzando una coralità di linguaggi sia visivi che sonori – fotografia, video, performance, installazione, oggetti e collage – sempre attraversati e potenziati da una forte performatività.

Marcello Maloberti ha esposto in numerose istituzioni pubbliche e private in Italia e all’estero, tra cui: Art Basel, Basilea/Parigi (2024; 2023); MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma (2023; 2019); Triennale Milano, Milano (2022; 2015; 2012); Bangkok Art Biennale, Bangkok (2022); Panorama Italics, Procida (2021); MACRO, Museo d’Arte Contemporanea, Roma (2020; 2012); Stazione dell’arte, Ulassai (2019); Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato (2020; 2018; 2000); Galleria Raffaella Cortese, Milano (2020; 2018; 2014); Manifesta 12, Palermo (2018); Quadriennale di Roma, Roma (2016); MuCem – Museo delle Civiltà d’Europa e del Mediterraneo, Marsiglia (2016); Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli (TO) (2014); Padiglione Italia 55a Biennale di Venezia (2013); Frankfurter Kunstverein, Francoforte (2012); Nuit Blanche, Paris in collaborazione con CAC Brétigny (2011); Generali Foundation, Vienna (2010); Royal Academy of Arts, London (2010); GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Bergamo (2009); PERFORMA 09, New York, (2009); MUSEION – Museo d’arte contemporanea di Bolzano (2005); Collection Lambert – Musée d’art contemporain Avignon (2005); Palazzo Strozzi, Firenze (2005); PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano (2003); GAM – Galleria d’Arte Moderna, Bologna (2000).

COLOPHON

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