Robert Indiana
ROBERT INDIANA A MILANO
14.07 - 14.09.2008
robert indiana

 
Al PAC è stata presentata una mostra dedicata a Robert Indiana, uno dei più noti e celebrati esponenti dell'arte contemporanea statunitense.
Nonostante la sua fama Robert Indiana (nato Clark nel 1928, l'artista scelse come nome d'arte quello del proprio stato d'origine) ha avuto in Italia pochissime occasioni espositive e la mostra al PAC ha rappresentato un'opportunità unica per apprezzare la complessità di un artista il cui corpus di opere è stato ingiustamente messo in secondo piano dalla straordinaria notorietà del suo lavoro più celebre: la scritta tridimensionale LOVE. Oggi fra le immagini più diffuse al mondo LOVE è divenuta negli anni un simbolo il cui significato va oltre il riferimento originario, quello al movimento pacifista degli anni Sessanta, per assumere un significato universale. Al PAC era esposta una versione in marmo, scolpita a Pietrasanta, alta 100 cm.
 
La selezione di opere al PAC ha permesso di ripercorrere la carriera dell'artista nel suo complesso. La mostra si apriva con il dipinto The Slips, del 1959, con cui l'artista gettò un ponte fra immaginario Pop e l´allora nascente movimento minimalista. L'opera unisce infatti una figurazione rigidamente geometrica a riferimenti alla cultura urbana. Alla fine degli anni Cinquanta Indiana risiedeva infatti nel distretto newyorchese di Coenties Slip insieme agli artisti che avrebbero contribuito a definire la fisionomia di pop art e minimalismo come Ellsworth Kelly, Agnes Martin, James Rosenquist e Jack Youngerman e la sua opera riflette e interpreta in modo del tutto originale una moltitudine di influssi diversi.
La mostra del PAC restituì tale complessità presentando accanto ai dipinti dell'artista i suoi assemblaggi, le colonne percorse da brevi iscrizioni, per giungere infine alle recenti tele in cui le lettere sono sostituite da ideogrammi, a dimostrazione di una inesausta capacità di rinnovamento e sensibilità sociale.
 
E' la grande forza comunicativa tipica della pop-art ad accomunare l'opera di Robert Indiana in tutte le sue declinazioni. Questa ha avuto modo di esprimersi appieno, oltre che nei lavori ospitati al PAC, attraverso le sculture monumentali esposte in diversi luoghi della città di MIlano: in Piazzetta Reale, Piazza della Scala e Corso Vittorio Emanuele II. Tali lavori, in acciaio corten e alluminio verniciato hanno messo in luce l'interesse dell'artista per parole, numeri ed elementi tipografici in genere, e l'abilità dell'artista nel tradurre tale fascinazione attraverso la scelta di forme e materiali. La serie delle grandi cifre metalliche, allo stesso tempo riferimenti ai segni che popolano il paesaggio urbano e imponenti solidi geometrici, rappresenta un ulteriore e interessantissimo esempio di coniugazione di scultura minimalista e Pop-Art.
L'interesse per la tipografia rappresenta inoltre il trait d'union fra l'artista e la tradizione artistica statunitense del Novecento e in particolare a uno dei suoi pittori più rappresentativi: Charles Demuth. L'apparente immediatezza di Indiana nasconde infatti una straordinaria ricchezza di significati e rimandi alla cultura americana in tutti i suoi aspetti: alla sua storia, alla sua letteratura, alla sua cultura sociale, antropologica e visiva.
 
Un esempio molto interessante di tale stratificazione di significati è stato rappresentato al PAC da Decade Autoportrait 1968, del 1972. La grande tela che ha come antecedente un'altra opera di tema numerico, il celebre dipinto Figure Five in Gold di Demuth si articola – come si conviene a un autoritratto – in riferimenti al suo autore e al contesto sociale. Bouwerie allude alla zona di New York in cui Indiana aveva trasferito il proprio studio a metà degli anni Sessanta; la stella, simbolo ricorrente nell'opera di Indiana, allude allo stesso tempo alla fama e al patriottismo, cui fa riferimento anche la combinazione di colori rosso e blu, ecc.
In occasione di un'intervista al New York Times nel dicembre 2002, Indiana disse: “Ci sono più segni che alberi in America. Ci sono più segni che foglie. Per questo penso a me stesso come a un pittore del paesaggio americano”.
 
La mostra è stata organizzata dal Comune di Milano – Cultura, in collaborazione con la galleria Gmurzynska di Zurigo.
 

Tags:
Photo Gallery