a cura di Marco Meneguzzo
Cindy Sherman si presenta per la prima volta al pubblico italiano con una selezionata antologica del suo lavoro. L’artista americana presenta al PAC la sua produzione che comprende circa una settantina di lavori fotografici dagli inizi del 1977 fino al 1990.
Il lavoro della Sherman costituisce ad un tempo l’immagine mitica che l’America dà di sé e anche la sua messa in crisi attraverso la finzione dell’immagine fotografica: la mostra presenta selezioni coerenti di fotografie, tali cioè da dare l’idea complessiva del ciclo stesso, e del lavoro nel suo insieme. Tra i cicli più noti, ricordiamo quello, suggestivo quanto inquietante, degli scenari “ecologici” o “postatomici”, o ancora quelli dedicati alla Rivoluzione Francese che preludono all’ultimissima serie che si potrebbe definire dei “tableaux vivants”, riproduzioni appunto viventi di quadri famosi del passato, con l’artista-attrice protagonista assoluta delle proprie fotografie.
Sherman costituisce nel panorama mondiale della fotografia e dell’arte un caso emblematico per la sua autonomia e al contempo un modello per molti altri artisti che utilizzano lo stesso medium: di fatto, la sua precocità ne ha fatto un precursore di una tendenza che oggi appare consolidatissima sia nel circuito museale che in quello del mercato dell’arte.