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LA VERITÀ ANCHE A SCAPITO DEL MONDO

a cura di Diego Sileo

 

Il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano presenta la prima mostra personale in Italia di Tania Bruguera, artista e attivista le cui performance e installazioni esaminano le strutture del potere ed esplorano i modi in cui l’arte può essere applicata alla vita politica quotidiana.

 

Durante la mostra  il pubblico al PAC sarà chiamato ad “esplorare” la verità attraverso una serie di installazioni e azioni – alcune delle quali attivate quotidianamente da performers.

Scopri gli orari di attivazione delle performance>>

 

La mostra al PAC presenta una selezione delle azioni più significative dell’artista e alcuni nuovi lavori pensati per lo spazio milanese, tra i quali un’opera realizzata in collaborazione con l’Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi Nazisti (ANED) che denuncia le ingiustizie subite dai migranti.

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In meno di dieci anni l’Europa ha costruito chilometri di barriere di frontiera (l’equivalente di sei muri di Berlino) per ostacolare i flussi migratori. Nella nuova opera pensata per il PAC Tania Bruguera adotta un parallelismo storico: un filo spinato, cucito a mano da sopravvissuti e discendenti di deportati durante la Seconda Guerra Mondiale, unisce le stelle della bandiera europea e ci ricorda che “The poor treatment of migrants today will be our dishonor tomorrow”.

↓ Guarda il trailer ↓

 

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Il titolo della mostra è una citazione Hannah Arendt, punto di riferimento imprescindibile per la ricerca di Tania Bruguera. In una leggendaria intervista alla televisione della Repubblica federale tedesca, realizzata da Günter Gaus il 28 ottobre del 1964, alla domanda se ritenesse suo dovere pubblicare tutto quello di cui veniva a conoscenza o vi fossero motivi validi per tacere su alcune cose, Hannah Arendt rispose con la citazione latina fiat veritas et pereat mundus: sia detta la verità anche a scapito del mondo.

Premiata con riconoscimenti come il Premio Robert Rauschenberg, la Guggenheim Fellowship e il Prince Claus Fund Laureate, Bruguera ha esposto nelle istituzioni di tutto il mondo, tra cui la Tate di Londra, la Biennale di Venezia e documenta 11. Le sue opere si trovano nella collezione del Guggenheim Museum, del MoMA, del Van Abbemuseum, della Tate e del Museo Nacional de Bellas Artes de La Habana. Dal 2021 è Senior Lecturer in Media & Performance alla facoltà di Teatro, Danza e Media di Harvard.

PERFORMING PAC deGENERE

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Torna la 3 giorni annuale del PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano dedicata ad un tema attuale nell’ambito degli studi delle arti visive contemporanee. Una piattaforma aperta non solo agli addetti ai lavori, ma anche al pubblico di non specialisti, lo stesso format che nel 2018 aveva portato il Padiglione a raccontare le arti performative.

Il tema scelto per il 2019 è quello dell’identità di genere, culturale, politica e sociale, che sarà sviluppato attraverso incontri, proiezioni, musica e live performance.

Dal 1 al 3 marzo 4 talk, 1 performance, 1 spettacolo teatrale, 5 opere video e 1 dj set analizzeranno il tema dell’identità nelle sue diverse declinazioni, con studiosi di fama internazionale, artisti, scrittori e curatori.

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PROGRAMMA
1-3.3
14:30 – 21:00
opere video di Melanie Bonajo, Grada Kilomba, Lovett/Codagnone, Cristina Lucas, Javier Téllez

1.3
ore 19 talk di Paul B. Preciado

2.3
ore 17 talk di Claire Fontaine
ore 19 performance di Tracey Rose
ore 22 dj set a cura di Le Cannibale

3.3
ore 17 talk di Francesco Ventrella
ore 19 talk di Francesca Alfano Miglietti, Sebastiano Mauri, Ariase Barretta
ore 22 performance site-specific Mio cuore io sto soffrendo. Cosa posso fare per te? di Antonio Marras

CESARE VIEL

a cura di Diego Sileo

Il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano presenta PIÙ NESSUNO DA NESSUNA PARTE, la più ampia mostra personale di Cesare Viel in uno spazio pubblico, che ripercorre la pratica performativa dell’artista centrata sul connubio tra rappresentazione visiva e verbale.
Promossa da Comune di Milano – Cultura e prodotta dal PAC con Silvana Editoriale, la mostra è curata da Diego Sileo e inaugura in occasione della Quindicesima Giornata del Contemporaneo indetta da AMACI e dedicata all’arte italiana.

Attraverso azioni performative e installazioni ambientali Viel esplora sin dai primi anni Novanta i processi attraverso i quali l’identità si costruisce e si decostruisce, rivelandosi un luogo di attraversamento che conserva le tracce di ogni passaggio.
La mostra presenta lavori inediti e nuove versioni di installazioni e performance storiche, realizzate dall’artista in dialogo con l’architettura del PAC.
I luoghi dell’assenza evocati dal titolo rivelano discrete, silenziose e spesso fantasmatiche presenze che affiorano dal vissuto dell’artista in un racconto costantemente ridefinito dalla relazione con i fatti della storia recente, le convenzioni sociali, i pensieri e le parole degli autori o degli artisti prediletti, la vicinanza o la lontananza delle persone amate.
Performance, travestimento, trasformazioni, trucco, recite o canzoni: addentrandosi in altri corpi e altre storie, Viel immagina forme di soggettività altre che interpretano l’arte come momento di scambio emozionale e di relazione con la collettività.

In catalogo, pubblicato da Silvana Editoriale, nuovi testi del curatore, di Francesco Bernardelli, Emanuela De Cecco, Francesca Guerisoli, Laura Guglielmi, Antonio Leone e dello stesso Cesare Viel.

Ad accompagnare il pubblico tra le opere una guida gratuita alla mostra a cura di Paola Valenti, docente di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università degli Studi di Genova.

RIATTIVAZIONE PERFORMANCE
Ogni giovedì h 18:30—20:30 e domenica h 17:30—19:30 vengono riattivate due performance di Cesare Viel
→ LOST IN MEDITATION
→ ALADINO È STATO CATTURATO

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Una mostra Comune di Milano – Cultura; PAC Padiglione d’Arte Contemporanea; Silvana Editoriale
In occasione della 15ª Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI
Sponsor PAC TOD’S Group
Con il contributo di Alcantara; Cairo Editore; Kartell
Con il supporto di Vulcano

UFFICIO STAMPA PAC
PCM Studio di Paola C. Manfredi T 02 36769480 press@paolamanfredi.com

UFFICIO STAMPA SILVANA EDITORIALE
Lidia Masolini T 02 45395111 press@silvanaeditoriale.it

UFFICIO STAMPA COMUNE DI MILANO
Elena Conenna elenamaria.conenna@comune.milano.it

PERFORMING PAC

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Torna la 3 giorni annuale del PAC di Milano dedicata a un tema attuale nell’ambito degli studi delle arti visive contemporanee. Una piattaforma aperta non solo agli addetti ai lavori, ma anche al pubblico di non specialisti, lo stesso format che nel 2017 aveva portato il Padiglione a indagare il restauro e la conservazione della street art a dieci anni dall’esperienza della mostra.
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Il tema scelto per l’edizione 2018 è quello della performatività, espressione artistica che ha fortemente connotato la produzione del PAC negli ultimi quindici anni e che trova radici nella ricerca che il Padiglione ha iniziato negli anni ’80.
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Il corpo, l’interazione attiva con lo spazio, il ruolo dell’artista nelle arti performative e l’evoluzione della funzione delle istituzioni nel promuoverle: come si racconta oggi il corpo nell’arte? Quali e quante sono le eredità raccolte da chi lavora con pratiche artistiche che oggi vengono definite performance?
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Nel corso di tre serate il PAC analizza il tema della performance nelle sue diverse declinazioni con interventi di studiosi di fama internazionale — Susanne Franco, Lois Keidan e André Lepecki — affiancati a tre performance realizzate da artiste attive sia nell’ambito della performance, Dora Garcia e Paulien Oltheten, sia in quello della danza, Annamaria Ajmone e Cristina Kristal Rizzo.
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Per la prima volta, inoltre, il PAC apre il suo archivio rileggendo due mostre che ha realizzato nel passato in omaggio a due artisti simbolo della performance: Vito Acconci e Gina Pane. Sono questi due flashback a riproporre i temi che avevano toccato il dibattito artistico dell’epoca, una rilettura non attraverso le opere, ma con documenti, fotografie, recensioni e corrispondenze provenienti dall’archivio storico del PAC — scandagliato per l’occasione dagli studenti del Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano.
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In mostra anche i video delle performance che il PAC ha prodotto negli anni, con artisti tra i quali Vanessa Beecroft, Marina Abramović, Santiago Sierra, i giovani artisti cubani e le nuove generazioni di artiste sudafricane. Chiude la 3 giorni un finissage con l’artista Marco Belfiore, che unisce videoproiezioni e musiche elettroniche dal vivo, e la collaborazione con Le Cannibale, che porta al PAC due tra i più interessanti dj e produttori italiani: Marco Shuttle e UABOS.

MEA CULPA

a cura di a cura di Diego Sileo e Lutz Henke

 

Il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano presenta MEA CULPA, la prima grande antologica in Italia dedicata all’artista concettuale Santiago Sierra. Nato nel 1966 a Madrid, da quasi trent’anni il suo lavoro si muove sul terreno impervio della critica alle condizioni sociopolitiche della contemporaneità.

 

Messaggero della cupa verità del nostro tempo, Sierra è spesso stigmatizzato per le sue performance intense ed ambigue. Eppure il loro linguaggio visivo, il simbolismo complesso ed energico, il loro essere calate nella realtà delle persone conferisce loro un raro impatto emozionale. Sierra ha esposto in prestigiosi musei ed istituzioni nel mondo e nel 2003 ha rappresentato la Spagna alla 50a Biennale di Venezia. La mostra al PAC riunisce per la prima volta le opere politiche più iconiche e rappresentative dell’artista, dagli anni Novanta a oggi, e la documentazione di sue numerose performance realizzate in tutto il mondo, insieme a nuove produzioni e riattivazioni di installazioni e azioni passate.

 

Con la mostra di Santiago Sierra il PAC attiva la prima delle quattro linee di racconto sulle quali si muove il suo palinsesto annuale, proponendo in occasione di miart mostre di artisti conosciuti e affermati nel panorama artistico internazionale.

Promossa dal Comune di Milano – Cultura e prodotta dal PAC con Silvana Editoriale, la mostra apre il calendario di appuntamenti dell’Art Week, la settimana milanese dedicata all’arte contemporanea.

 

 

una mostra Comune di Milano – Cultura, PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, Silvana Editoriale

I STILL LOVE

In occasione della 6° Giornata del Contemporaneo indetta da AMACI Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiana di sabato 9 ottobre 2010, il PAC ha ospitato, per la prima volta in uno spazio espositivo pubblico italiano, una mostra dedicata a Franko B, artista coraggioso ed eclettico, da anni protagonista della scena live internazionale, che ha espresso nell’arte il tormento dell’esistenza con intensità e genialità inventiva senza eguali, rendendo nelle sue performance sopportabile l’insopportabile.

 

Le azioni spettacolari con cui Franko B incontra il pubblico londinese negli anni ‘90 usando il proprio corpo come strumento, supporto e ipertesto, realizzate alla Tate Modern, all’ICA e alla South London Gallery, diventano immediatamente famosissime. Oggetto del desiderio, usato come una tela, malato o senza difese, tagliato, bucato, steso o ripiegato dalla sofferenza, violato, umiliato o a sua volta minaccioso, denudato o coperto, il corpo dell’artista diventa corpo sociale che azzera ogni separazione tra opera e artista, soggetto e oggetto, arte e vita.

 

“Ciò che mi tocca profondamente delle performance di Franko B – ha dichiarato Marina Abramović nel 2006 – è la sua totale apertura, vulnerabilità e, allo stesso tempo, l’incondizionato amore dato al suo pubblico”.

 

Al PAC Franko B ha presentato l’inedita performance Love in times of pain, strettamente legata all’omonima installazione Love in times of pain del 2009. In mostra per la prima volta in Italia, l’opera, ha rievocato alcuni dei temi centrali del lavoro di Franko B quali la morte, l’erotismo, il dolore e la compassione, proposti in una chiave inedita attraverso l’utilizzo esclusivo del colore nero: una dimensione monocromatica a tratti impenetrabile, elegante oblio che ricopre animali imbalsamati e tele di un denso strato di colore.

 

L’uso del colore nero ha creato una tensione dialettica con la produzione in cui l’artista utilizzava il bianco per coprire i tatuaggi che campeggiano su tutto il suo corpo e farne una sorta di tela, una pagina incontaminata sulla quale inscrivere i segni del proprio linguaggio. Con l’uso dell’acrilico nero l’artista ha ricreato invece la tensione tra la vita e la morte, tra luce e ombra, tra presenza e assenza che ritorna anche nella serie di dipinti in mostra dal titolo Black Painting (2007).

 

Dall’uso dell’acrilico nero alla nuova serie di “cuciti”, ricami inediti che raffigurano animali, corpi, volti e ragazzi che si amano, la cui fragile bellezza è delineata sulla tela bianca da un tratteggio di cotone rosso, dove il filo colorato rimanda formalmente al sangue sul corpo imbiancato dell’artista delle performance degli anni novanta.

 

Hanno completato l’esposizione i video e le fotografie delle performance più famose, e l’installazione Golden Age (2009), una serie di inginocchiatoi totalmente ricoperti d’oro.

 

Il progetto di allestimento, che ha stravolto la consueta percezione visiva all’interno del padiglione milanese restituendo ai visitatori un PAC inedito, è stato affidato a Fabio Novembre, architetto e designer di fama internazionale che ha curato, con il suo studio, per la prima volta l’allestimento di una mostra d’arte.

 

BIOGRAFIA | Nato a Milano nel 1960 e trasferitosi a Londra giovanissimo, Franko B si diploma al Chelsea College of Art and Design e inizia a produrre le proprie opere fin dai primi anni Novanta, spaziando dal video alla fotografia, dalle performance alla pittura fino alla scultura. Protagonista indiscusso dell’ICA, epicentro londinese dei progetti artistici più radicali e d’avanguardia, il suo background è il romantic punk della capitale inglese degli anni ’90. Docente di scultura all’Accademia di Belle Arti di Macerata dal 2009, ha tenuto corsi e lezioni in alcune delle più importanti scuole d’arte internazionali. Ha eseguito le sue performance in prestigiose sedi internazionali per l’arte contemporanea: Tate Modern, Londra, 2003; ICA, Londra, 2008; South London Gallery, Londra, 2004; Palais des Beaux- Arts /Palais voor Schone Kunsten, Bruxelles, 2005; Beaconsfield, Londra 2001; e ancora a Città Del Messico, Berlino, Copenhagen, Madrid e Vienna. La sua performance più recente si è tenuta al Royal College of Art di Londra nel 2010. Ha esposto inoltre a: RuArts Foundation, Mosca, 2007; Victoria And Albert Museum, Londra, 2006; Tate Liverpool, 2003; Contemporary Art Center, Copenhagen, 2002. Le sue opere sono presenti nelle collezioni della Tate, del Victoria and Albert Museum, della South London Gallery e del Modern Art Museum di Tel Aviv.

THE ABRAMOVIC METHOD

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Marina Abramovic è tornata a Milano con un lavoro ideato per il PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea.
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Il PAC di Milano è stato lo spazio espositivo prescelto da Marina Abramovic per il suo nuovo attesissimo lavoro, il primo dopo la grande retrospettiva del 2010 al MoMA di New York. L’evento, è stato curato da Diego Sileo ed Eugenio Viola.
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Icona di tutte le forme di espressività legate al corpo, Marina Abramovic è oggi uno dei protagonisti più affascinanti e magnetici del nostro tempo, dalla cui vicenda artistico-esistenziale è imprescindibile la storia stessa delle arti performative. Pioniera della performance dagli anni ‘70, premiata con il Leone d’Oro alla Biennale del 1997, l’artista ha spesso superato i propri limiti fisici e psicologici, ha messo in pericolo la sua incolumità, infranto schemi e convenzioni, scavato nelle proprie paure e in quelle di chi la osservava, portando l’arte a contatto con l’esperienza fisica ed emotiva, collegandola alla vita stessa. The Abramovic Method nasce da una riflessione che Marina Abramovic ha sviluppato partendo da sue tre performance: The House With the Ocean View (2002), Seven Easy Pieces (2005) e The Artist is Present (2010), Esperienze che hanno segnato profondamente il suo modo di percepire il proprio lavoro in rapporto al pubblico. ”Nella mia esperienza, maturata in quaranta anni di carriera, sono arrivata alla conclusione che il pubblico gioca un ruolo molto importante, direi cruciale, nella performance”, dichiara Marina Abramovic. ”Senza il pubblico, la performance non ha alcun senso perchè, come sosteneva Duchamp, è il pubblico a completare l’opera d’arte. Nel caso della performance, direi che pubblico e performer non sono solo complementari, ma quasi inseparabili”.
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Con The Abramovic Method, è stato proprio il pubblico, guidato e motivato dall’artista, a vivere e sperimentare le sue ”installazioni interattive”. Le opere – con cui il pubblico ha interagito rimanendo in piedi, seduto o sdraiato – sono state impreziosite da vari minerali: quarzo, ametista, tormalina. Un percorso fisico e mentale che ha trasformato gli spazi del PAC in un’esperienza fatta di buio e luce, assenza e presenza, percezioni spazio-temporali alterate. Un percorso dove le persone hanno espanso i propri sensi, hanno osservato, hanno imparato ad ascoltare e ad ascoltarsi.
Per enfatizzare il ruolo ambivalente di osservatore e osservato, di attore e spettatore, Marina Abramovic ha scelto di mettere alla prova il pubblico anche nell’atto apparentemente semplice dell’osservazione distante: una serie di telescopi, hanno permesso ai visitatori di osservare dal punto di vista macroscopico e microscopico coloro i quali hanno scelto di cimentarsi con le interactive installations.
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E’ questo il ”Metodo Abramovic”, che l’artista ha sperimentato su se stessa in anni di dedizione e ferreo autocontrollo. Un processo il cui climax è rappresentato dall’estenuante performance realizzata al MoMA nel 2010, dal titolo The Artist is Present. In questa pièce, il più lungo assolo realizzato da Abramovic fino a quel momento, l’artista si esibiva ogni giorno nelle ore di apertura del museo: seduta in assoluto silenzio a un tavolo nell’atrio, invitava i visitatori a sedersi di fronte a lei per tutto il tempo desiderato, nell’ambito degli orari del museo. L’artista non aveva alcuna reazione di fronte ai partecipanti, tuttavia il loro coinvolgimento costituiva il completamento dell’opera, permettendo loro di vivere un’esperienza personale con l’artista e con la performance stessa. Un’installazione monumentale, proposta per la prima volta in Europa, ha ricostruito questa performance memorabile, accogliendo i visitatori e al tempo stesso introducendo lo scenario del ”Metodo Abramovic”.
Questo metodo è nato dalla consapevolezza che l’atto performativo è in grado di operare una trasformazione profonda in chi lo produce, ma anche nel pubblico che lo osserva. In un’epoca in cui il tempo è un bene davvero prezioso, ma altrettanto raro, Marina Abramovic chiede allo spettatore/attore di fermarsi e fare esperienza del ”qui e ora”, di ciò che prima di tutto lo riguarda: se stesso e il modo di relazionarsi con ciò che lo circonda.
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Una selezione di opere del passato, che ne condividono gli stessi principi, ha aiutato i visitatori ad approfondire il ”Metodo Abramovic”. Da Dozing Consciousness (1997) a Homage to Saint Therese (2009), i suoi lavori sono accomunati dalla ricerca instancabile di un’espansione ”energetica” della percezione, che contamina tradizioni e saggezze arcaiche con la realtà contemporanea.
In mostra è stato proiettato un estratto del film ”MARINA ABRAMOVIC – THE ARTIST IS PRESENT”, diretto
da Matthew Akers, in anteprima a Milano il 22 marzo 2012, in contemporanea con l’apertura della mostra al PAC. Il film ha vinto nel febbraio 2012 il Premio del pubblico al Festival di Berlino 2012.
Anche ”The Abramovic Method” è stato oggetto di un film-documentario diretto dalla regista Giada Colagrande e realizzato con il sostegno della Fondazione Furla. “Siamo felici di contribuire alla realizzazione
di questo progetto” ha dichiara Giovanna Furlanetto, Presidente della Fondazione “in quanto siamo molto legati a Marina, artista straordinaria e madrina della settima edizione del Premio Furla, e apprezziamo la grande sensibilità di Giada Colagrande”.
L’opera è stata pubblicata in due volumi di un catalogo. Il primo, Italian Works, contiene le performance realizzate in Italia da Marina Abramovic. Un gruppo di opere che si snoda lungo quarant’anni di carriera a testimoniare il rapporto privilegiato che l’artista ha avuto con il nostro paese, dove ha realizzato alcuni dei suoi lavori più famosi, più coraggiosi, più innovativi nonché i più celebrati. Dall’esordio romano con Rhythm 10 (1973) all’unica performance milanese, Rhythm 4 (1974), dalla pericolosa Rhythm 0 realizzata a Napoli nel 1975, alla provocatoria Imponderabilia (Bologna, 1977), dal Leone d’Oro veneziano di Balkan Baroque (1997) alla struggente Mambo a Marienbad (Volterra, 2001) e a tanti altri ancora. Il secondo invece, è incentrato unicamente su tutto il processo che ha portato alla realizzazione del ”Metodo Abramovic” e include tutte le sue fasi di realizzazione, dall’allestimento all’esperienza diretta di chi ha avuto la fortuna di ripercorrere quel metodo unico del fare arte performativa, che ha reso Marina Abramovic una tra le artiste più rappresentative del nostro tempo.
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L’attività espositiva del PAC è realizzata annualmente grazie al sostegno di TOD’S. “La mostra” dichiara Antonio Scuderi, amministratore delegato di 24 ORE Cultura “è coprodotta dalla nostra società che raccoglie con molto entusiasmo una nuova sfida, dopo il grande successo di ”Artemisia Gentileschi. Storia di una passione” a Palazzo Reale di Milano, presentando un altro evento unico questa volta con la protagonista dell’arte contemporanea”.
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L’Accademia di Brera, università ufficiale della mostra, ha selezionato un gruppo di studenti che sono stati formati da Marina Abramovic e hanno guidato il pubblico come depositari del suo Metodo. Il progetto è stato coordinato da MARTE, che ha ideato e organizzato anche le attività didattiche in mostra con il contributo del Gruppo COOP Lombardia.
L’evento al PAC è stato promosso dall’Assessorato alla Cultura, Moda e Design del Comune di Milano e prodotto dal PAC Padiglione d’Arte Contemporanea e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, realizzato con il sostegno di Rottapharm|Madaus. I telescopi sono stati messi a disposizione da AURIGA, mentre il catalogo che racchiude i lavori di Marina Abramivić è stato curato da Diego Sileo ed Eugenio Viola, e pubblicato da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE con testi dei due curatori, di Renato Barilli, Achille Bonito Oliva, Germano Celant, Gillo Dorfles, Antonello Tolve, Angela Vettese e Neville Wakefield.
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A Milano ”il Metodo Abramovic” si è articolato anche in alcuni imperdibili appuntamenti:
Martedì 20 marzo, alla Galleria Lia Rumma, è stata inaugurata una seconda mostra di Marina Abramovic dal titolo With Eyes Closed I See Happiness, i cui lavori offrono una sorta di chiave di lettura del suo ”Metodo”.
Mercoledì 21 marzo al Teatro dal Verme di Milano Marina Abramovic ha incontrato il pubblico per raccontare The past, future and present of performance art, proiettando alcuni suoi lavori passati e svelando retroscena e particolari inediti di una intera vita dedicata all’arte performativa.
Giovedì 22 marzo, all’Apollo spazio Cinema di Milano è stato presentato in anteprima nazionale il film ”MARINA ABRAMOVIC – THE ARTIST IS PRESENT”, diretto da Matthew Akers, una produzione Show of Force per HBO, in coproduzione con AVRO Television e in collaborazione con GA&A Productions, distribuito in Italia da GA&A Productions e Feltrinelli Real Cinema.

ESTOY VIVA

Guatemala City, luglio del 2003. Una giovane donna cammina dalla Corte Costituzionale fino al Palazzo Nazionale del Guatemala lasciando una scia di impronte di sangue umano con il quale si è sporcata i piedi poco prima, in memoria delle vittime del conflitto armato in Guatemala.

 

É Regina José Galindo, oggi tra le artiste più rappresentative del magmatico continente latinoamericano. Due anni dopo verrà premiata con il Leone d’Oro alla 51° Biennale di Venezia come migliore artista under 35 “per aver saputo dare vita a un’azione coraggiosa contro il potere”.

 

L’artista indaga la dimensione soppressa e rimossa della sofferenza, utilizzando il proprio corpo in chiave politica e polemica per riattivare i traumi del rimosso e le rovine della storia. Partendo dal microcosmo del suo paese, il Guatemala, teatro di perenne instabilità e violenza, l’artista realizza opere scomode e drammatiche. Il suo corpo minuto e all’apparenza fragile è esposto ad una serie di azioni pubbliche che usano lo spazio metaforico dell’arte per denunciare le implicazioni etiche legate alle ingiustizie sociali e culturali, le discriminazioni di razza e di sesso e più in generale tutti gli abusi derivanti dalle relazioni di potere che affliggono la società contemporanea.

 

Le sue performance sono realizzate in un’ottica di coinvolgimento totale. Rannicchiata nuda sotto una campana di plexiglass o sopra uno scoglio a picco sul mare, nascosta sotto un letto, appesa ad un albero dentro una rete da pesca, sdraiata immobile sull’erba con i capelli nella terra come radici , legata e accovacciata sul pavimento di un motel. Spalmata di carbone o di fango, con la testa sott’acqua fino ai limiti della resistenza o esposta nuda a getti violenti di acqua fredda. Immobile, respirando appena, a volte mani e piedi immobilizzati. In bilico tra la vita e la morte l’artista indaga la paura, l’angoscia e le loro conseguenze, affrontandone in prima persona il rischio fisico e psicologico, spingendosi oltre i propri limiti con performance radicali, spiazzanti ed eticamente scomode.

 

La mostra racconta in cinque macro emergenze tematiche – Politica, Donna, Violenza, Organico e Morte –  l’ultima produzione dell’artista e raccoglie un’ampia selezione dei suoi lavori più rappresentativi, dalle origini ad oggi. Un viaggio emozionale raccontato attraverso fotografie, video, sculture e disegni.  Un percorso costruito attraverso cortocircuiti e slittamenti, che affianca ad alcune delle sue azioni più emblematiche e conosciute opere più recenti e numerosi lavori inediti o mai esposti prima in Italia, come l’intensa Descensión (2013) o la toccante La Verdad (2013).

 

 

In occasione dell’opening, il 24 marzo su invito, l’artista guatemalteca realizzerà Exalatión (Estoy viva), una performance inedita pensata per il PAC e per Milano. Un’azione intensa e poetica, un gesto di sospensione e di scambio simbolico tra artista e pubblico, metafora del legame, sempre presente nel lavoro di Galindo, tra arte, vita e morte.

 

La ricerca dell’artista sulla violenza, la privazione dei diritti e della libertà individuale è universale e incontra storie di ogni continente e realtà. Per questo tutti i visitatori potranno sostenere attraverso la mostra l’attività di Amnesty International scegliendo all’ingresso il biglietto donazione.

 

BIOGRAFIA

REGINA JOSÉ GALINDO è nata nel 1974 a Guatemala City, dove vive e lavora. Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 2005 nella categoria giovani artisti, nel 2011 ha ricevuto il Prince Claus Award in Olanda e ha vinto il premio speciale alla 29° Biennale di Lubiana. I suoi lavori sono presenti in numerose collezioni pubbliche,  tra cui Centre Pompidou, Parigi; MEIAC- Museo Extremeño e Iberoamericano de Arte Contemporáneo, Badajoz; Fondazione Galleria Civica, Trento; MMKA, Budapest; Castello di Rivoli, Torino; Daros Foundation, Zurigo; Blanton Museum, Austin; UBS Art Collection, Basilea; Miami Art Museum; Cisneros Fountanal Art Foundation, Miami;  Madco-Museum of Contemporary Art, Costa Rica.
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VB65

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Quella di Vanessa Beecroft al PAC è stata la prima mostra in uno spazio pubblico milanese della grande artista italiana di fama internazionale formata presso l’Accademia di Belle Arti di Brera agli inizi degli anni Novanta.
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In mostra una nuova performance dal titolo VB65 appositamente ideata per il PAC, e 16 video di precedenti performances dell’artista ( Genova 1969; vive a Los Angeles), tra cui le più recenti VB61 e VB62, ma anche alcune dei suoi esordi come VB16 e VB35, rieditate su dvd e proposte al pubblico in anteprima mondiale. Un’occasione davvero unica e inedita per vedere insieme un così nutrito gruppo di lavori della star italiana dell’arte contemporanea, molti dei quali mai mostrati prima.
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La performance VB65
I drammi dell’immigrazione sono al centro di VB65, la prima performance in cui l’artista ha utilizzato solo uomini. Venti immigranti africani stavano seduti a una tavola trasparente di dodici metri come a un’ultima cena, con abiti da sera, smoking, vestiti formali neri eleganti, ma a volte fuori misura, strappati, impolverati o vecchi. Di fronte a un pubblico di invitati mangiavano carne e pane nero senza piatti, senza posate, e bevevano acqua e vino. I commensali sedevano silenziosamente durante la performance. Il pubblico appariva come ospite non invitato alla loro cena. Mangiavano cibo intero, non tagliato. L’immagine ha una sacralità ben evidente e chiari riferimenti pittorici, ma rimanda anche alla cruda realtà che questi uomini vivono ogni giorno nel nostro Paese. Il PAC appariva come la loro casa in cui noi siamo stati gli ospiti che non si siedono con loro. Questi uomini erano veri immigrati che arrivarono dall’Africa a bordo di una barca. È stato chiesto loro di lavorare due giorni interi, preparati anche a comprendere il concetto e il fatto che quest’immagine fosse una finzione, una metafora e che doveva comunicare un certo messaggio al pubblico. Era importante che i performer non rompessero il silenzio e la tensione tra loro e il pubblico, affinché l’immagine rimanesse intatta. Il video dell’opera è stato donato dall’artista alle Civiche Raccolte d’Arte del Comune di Milano.
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“Vanessa Beecroft ha proposto al mondo dell’arte una serie di performance che affondano le radici nella pittura e nella scultura antica, scegliendo e prendendo per questo all’inizio, ma non solo, performer dalla strada, non alla stregua del neorealismo del cinema italiano, ma piuttosto ispirandosi alla fase successiva, a quel realismo pittorico che fu di Pier Paolo Pasolini. Difatti, le modelle, quasi sempre tutte donne, venivano impiegate anche per fare un commento sul consumo del corpo femminile nella società dello spettacolo contemporaneo che del corpo e della sua estetica ha fatto il centro della riflessione sociale” disse G. Di Pietrantonio, curatore della mostra.
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Che si trattasse di un’azione con cui l’arte entrava nel sociale era reso evidente anche dalle performance degli ultimi anni in cui l’artista ha impiegato sempre più donne di colore in riferimento alle prostitute nigeriane che costellano il centro storico di Genova. VB48, nel 2001, nella stessa sala di Palazzo Ducale dove si sarebbe tenuto il G8, vide trenta modelle di colore disposte come in una composizione pittorica antica; commento dell’artista in occasione del ritorno alla città natale e frutto del suo interesse per la luce di Caravaggio e per le composizioni monocromatiche, in questo caso nero su nero.
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VB54 è la performance del 2004 tenutasi nel Terminal 5 del Kennedy Airport di New York: una cinquantina di modelle sempre di colore stavano nella lounge incatenate ai piedi con manette uguali a quelle usate dagli uffici dell’immigrazione a memoria della deportazione degli schiavi e difatti l’autorità aeroportuale non tardò ad interrompere l’azione. Performance che, partita da una composizione geometrica, via via perse la sua forma originaria.
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Con questo l’artista passa ad inserire nel suo lavoro anche i riferimenti all’espressionismo astratto che si rese più evidente nella performance VB61 presso la Pescheria di Rialto a Venezia, nel 2007, durante la Biennale. Qui corpi di donne di colore giacciono distesi a terra schizzati dall’artista stessa con colore rosso per mettere in atto un’opera che sta tra mattanza e action painting, un modo per riflettere sui drammi di sempre della libertà dell’esistenza a seguito di soggiorni che Vanessa ha intrapreso in Sudan, terra di costanti guerre etniche.
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La donna è ancora al centro della performance VB62 realizzata da Vanessa Beecroft a Lo Spasimo di Palermo. Ventisette donne dipinte di bianco si sono confuse a tredici statue in gesso con un richiamo alla scultura siciliana barocca ed in particolare a quella dell’artista Giacomo Serpotta (1656 – 1732, Palermo). Una ricerca voluta dalla Beecroft ed enfatizzata dallo spazio di accoglienza, la Chiesa di Santa Maria dello Spasimo, che ha rappresentato una nuova occasione per indagare la condizione femminile nell’arte e nella vita attraverso il corpo.
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La performance VB65 è stata realizzata con il sostegno di TOD’S ed accompagnata da un catalogo edito da Electa con un testo critico di Giacinto Di Pietrantonio e un ricco apparato di immagini.
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La performance è stata prodotta dal Comune di Milano-Cultura e da MiArt, in esclusiva assoluta per il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano.

APERTO PER LAVORI IN CORSO

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Il PAC ha offerto i propri spazi a un gruppo di artisti italiani delle ultime generazioni perché in essi vi sperimentino la realizzazione di un’opera e agisce da committente per lavori che entreranno nelle collezioni pubbliche della città.
Come disse Francesca Pasini, curatrice del progetto insieme a Lucia Matino, “è una rara occasione per trasferire, quasi in tempo reale, la suggestione visiva che avviene quando si discute di un lavoro che c’è o di uno che si vorrebbe fare. Invece di aspettare l’opportunità di un tema in cui inserire queste proposte, ho scelto, al contrario, di farmi guidare dagli artisti. Aperto per lavori in corso vuole rappresentare la velocità mentale dell’arte e il sogno, non sempre esaudibile, di realizzare subito un’idea, prima che sfiorisca o venga superata da un’altra. Per fare questo era necessaria un’urgenza reale e un’esposizione breve, altrimenti si sarebbe rientrati nella “normale” progettazione di una mostra. Ma questo è anche un modo efficace per dare visibilità agli artisti italiani delle ultime generazioni, sperando che ciò possa contribuire alla loro conoscenza in Italia e all’estero”.
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Alcuni artisti hanno usato il PAC come oggetto o luogo del loro lavoro: Elisabetta Di Maggio ha intagliato l’intonaco del muro dell’arco di ingresso creando un grande merletto “a parete” che è diventato un’opera permanente, mentre Marcella Vanzo lo ha usato come set per il casting e la realizzazione di un video. Marcello Maloberti ha messo a punto un’installazione specifica nel cortile del PAC; Dacia Manto ha disegnato sul pavimento con perle opalescenti una speciale mappa della volta celeste. Sarah Ciracì ha creato un apparato di speciali sedute per assistere alla sua video proiezione, “2012”, presentata in Giappone lo scorso anno. Maurizio Vetrugno ha rielaborato per lo spazio del PAC un’opera di tappezzeria ricamata e quadri. Cesare Viel ha presentato una nuova versione della sua performance su Virginia Woolf. Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini hanno proposto la loro performance “Il gioco della verità” in una nuova veste. Chiara Camoni ha presentato per la prima volta il video “Mefite”, in una versione specifica, dalla quale potrebbero nascere altre modalità di proiezione. Marzia Migliora e Elisa Sighicelli hanno adattato la loro video animazione in 3D, “Pitfall”, realizzata lo scorso anno a Parigi, e ancora, la stessa Migliora ha presentato degli appunti personali in formato video. Marta Dell’Angelo ha portato al PAC un suo recente lavoro. Alice Guareschi ha proiettato il suo “Racconto d’inverno # 3”, inedito in Italia. Margherita Morgantin ha usato una parete del PAC per mostrare una fase del suo lavoro composto da disegni, immagini, foto e video. Virginie Barré, nel rapporto di scambio tra il PAC e la Biennale d’Art Contemporain di Lione, ha portato a Milano una sua installazione. Nell’arco della giornata del 15 ottobre alcuni degli artisti hanno eseguito delle performance: Marcella Vanzo, Cesare Viel, Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini.
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Hanno collaborato alla realizzazione della mostra: Biennale di Lione, MiArt 2006 – Fiera Internazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Sotheby’s e RaiSat Ragazzi, Edizioni Olivares Art shorts & Video, Centro di Documentazione Careof & Viafarini. Con il sostegno di TOD’S.
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AS SOON AS POSSIBLE

a cura di Marina Abramovi

 

The Class of Marina Abramovic è il nome di un gruppo di giovani artisti della Hochschule fur Bildende Kunste di Braunschweig (Germania) che si è formato sotto la guida di Marina Abramovic.
Al PAC The Class of Marina Abramovic presenta As soon as possibile. Performance loop, una serie di performance living installations. I visitatori hanno modo di muoversi nello spazio del PAC, nell’arco delle ore di apertura al pubblico, avvicinandosi ai giovani performer intenti nelle loro azioni’. Il PAC diventa così il luogo di un evento collettivo senza precedenti, non paragonabile alla classica mostra, e fonte di un’esperienza viva e attiva anche per gli spettatori.
A disposizione dei visitatori è presente una documentazione video su altre performance realizzate dal gruppo.

 

Il progetto presentato al Padiglione d’Arte Contemporanea rientra nella programmazione artistica di Jean-Hubert Martin per il 2003, e nasce da una dall’esperienza fatta dal gruppo The Class of Marina Abramovic allo Spazio Viafarini di Milano. Il successo già riscosso dall’evento, realizzato in forma sperimentale, il suo carattere innovativo e l’interesse attuale per il tema della performance, hanno indotto lo Spazio Viafarini a proporre al PAC una nuova edizione del progetto che, in tal modo, è realizzato in forma più ampia in uno spazio pubblico della città.